MNEMOSCOPIO di Emilio Vavarella: un’installazione d’arte pubblica di Irene Angenica | ATPdiary

Emilio Vavarella è un artista interdisciplinare e un ricercatore. Sin dall’inizio della sua formazione (IUAV di Venezia e Laurea Triennale al DAMS – Università di Bologna) ha avviato progetti di ricerca e formazione in importanti centri esteri come la Bezalel Academy of Arts and Design di Tel Aviv e la Bilgi University di Istanbul.  Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in Film and Visual Studies and Critical Media Practice presso l’Università di Harvard. Attraverso l’uso delle nuove tecnologie, Vavarella indaga temi sociali e introspettivi dell’uomo moderno, questionando e analizzando al tempo stesso il funzionamento delle tecnologie stesse, spesso usate per la realizzazione delle sue opere.
Il rapporto tra uomo e tecnologia è centrale nella sua pratica così come l’interesse per il tema della memoria collettiva e individuale.

Tutto ha inizio con THE SICILIAN FAMILY (2012-2013), considerata da Vavarella come la sua prima opera: un’installazione fotografica composta da 44 elaborazioni digitali ricavate da alcune foto d’epoca della sua famiglia. Attraverso una serie di conversioni di queste immagini in programma di scrittura, l’artista aggiunge narrazioni personali. L’artista inserisce la propria voce all’interno di un passato che non ha vissuto, ma che al contempo lo riguarda. Viaggia nel tempo, come in un film di fantascienza dalla trama fitta di storie e affetti familiari, in cui riesce ad alterare non solo l’immagine, ma la memoria stessa.
Nello stesso anno inizia a lavorare a MEMORYSCAPES: un’installazione multimediale di dimensioni variabili sviluppata dall’artista tra il 2013 e il 2016. Il tema indagato è quello della memoria collettiva dei migranti italiani e in particolare dei flussi migratori che legano la città di Venezia a quella di New York. Attraverso la raccolta di interviste, storie, ricordi e l’uso di strumenti digitali, Vavarella è riuscito a creare un vero e proprio archivio di memoria creando una “audio-cartografia” olografica e frammentata di Venezia. A continuazione avvia MNEMOGRAFO, un progetto realizzato nel 2016 in occasione della mostra Memoria che ha avuto luogo a Villa Manin (Friuli-Venezia-Giulia) per commemorare il tragico terremoto che ha colpito questa regione nel 1976. L’opera consiste in un sismografo modificato, ma si differenzia da esso per la funzione rivolta a fondere ricordi collettivi e personali. Attraverso l’uso di nuove tecnologie come l’hardware Arduino, il collegamento in rete e alcuni bot di Google, l’artista fa riaffiorare memorie collettive sul tragico avvenimento.

Emilio Vavarella, The Sicilian Family, 2012-2013. Sublimation print on aluminum. 44 elements. X:310cm; Y:97cm overall
Emilio Vavarella, MNEMODRONE, 2014-in progress. Mixed media, multiple locations.
Emilio Vavarella, MNEMODRONE, 2014-in progress. Mixed media, multiple locations.

In continuità con questi progetti possiamo guardare MNEMOSCOPIO, installazione d’arte pubblica curata e prodotta da Ramdom con il sostegno del MiBACT e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea – Nuove opere”, dedicato alla creazione di opere inedite. Il progetto nasce da una riflessione sull’area geografica  in cui è stata prodotta e creata, il Capo di Leuca.

Lastation, sede di Ramdom e luogo in cui l’artista ha svolto un periodo di residenza quest’inverno, è uno spazio al primo piano della stazione di Gagliano – Leuca: da qui il gioco di parole “Last- station”, l’ultima stazione. Questo luogo, da cui gli abitati partivano con la speranza di trovare condizioni di vita migliori, è stato il punto iniziale di ispirazione e avvio della ricerca di Vavarella.
Il lavoro non indaga solo le figure di chi ha lasciato quel luogo, piuttosto di coloro che dopo averlo lasciato hanno scelto di farvi ritorno. Creando nuovamente un dialogo tra memoria collettiva e tecnologia, l’artista realizza una cartografia di ricordi legati al territorio pugliese dove il passato e il presente sono legati in maniera indissolubile, in una sorta di cortocircuito temporale. Da una particolarità dell’area, ovvero Punta Ristola – il punto più estremo della Puglia, l’ultimo lembo di terra della regione e del tacco d’Italia – indaga le peculiarità storiche e geografiche analizzando l’importanza della storia sociale di quel luogo: il tema della migrazione e dell’immigrazione, in un’epoca in cui il popolo italiano sembra aver dimenticato il proprio passato.
L’artista parte anche da una riflessione sulla propria condizione di migrante, da nativo del sud che vive e lavora all’estero e che ritorna per svolgere questo progetto di ricerca e produzione artistica.
Grazie al supporto costante dell’associazione Ramdom, Vavarella è riuscito a integrarsi nel territorio e prendere contatto con gente del luogo che in passato si è trovata nella condizione di cercare fortuna altrove e che, una volta raggiunta una stabilità economica ha deciso di fare ritorno in terra natia. Ha svolto una ricerca da antropologo sul campo, vivendo nella comunità, studiandola  e avviando delle interviste alle persone individuate da Ramdom che si sono rese disponibili.

Emilio Vavarella, MEMORYSCAPES, 2013-2016. Multimedia installation composed of the following elements: one holographic map of Venice, X:60 Y:120cm; 7-channels immersive audio installation, twenty-four digital studies hanged on a wall rack, X:45 Y:60cm each, one artist book. Variable dimensions.
Emilio Vavarella, MEMORYSCAPES, 2013-2016. Multimedia installation composed of the following elements: one holographic map of Venice, X:60 Y:120cm; 7-channels immersive audio installation, twenty-four digital studies hanged on a wall rack, X:45 Y:60cm each, one artist book. Variable dimensions.
Emilio Vavarella, MEMORYSCAPES, 2013-2016. Multimedia installation composed of the following elements: one holographic map of Venice, X:60 Y:120cm; 7-channels immersive audio installation, twenty-four digital studies hanged on a wall rack, X:45 Y:60cm each, one artist book. Variable dimensions.

Le domande poste erano di varia natura, alcune tecniche, riguardanti le mete nazionali raggiunte, altre scavavano più nell’intimo della memoria personale, chiedendo emozioni e sensazioni di quei luoghi ed esperienze. L’alternarsi dell’aspetto oggettivo a quello soggettivo ha portato l’artista a raccogliere dati sufficienti da creare un archivio di memoria storica del luogo.
Sulla base delle interviste ha quindi costruito delle mappe usando database online e rilevazioni satellitari, per poi creare un modello tridimensionale dei luoghi narrati. Lo scopo di questo processo è quello di creare un viaggio virtuale, senza rendere i posti raccontati immediatamente riconoscibili per il fruitore, ma lasciando l’intuizione di attraversare il render di uno spazio urbano. Anche l’audio svolge un ruolo importante: l’idea dell’artista è quella di creare un soundscape con estratti delle interviste che possa accompagnare il pubblico nel viaggio virtuale.
L’esperienza porta a un cortocircuito tra il luogo della realtà virtuale esperita dentro il visore e la realtà paesaggistica che lo circonda.
Attraverso l’uso di una fotocamera a 360° l’artista propone immagini che possiamo fruire attraverso un visore dall’estetica raft che ci permette l’immersione totale in questa esperienza.
Il pubblico si immerge in uno spazio recandosi in una location segnalata da una piattaforma posta in un punto specifico del territorio, ed è così che Vavarella riesce a creare un’opera d’arte pubblica virtuale.

Vavarella usa la tecnologia per capire cos’è e come funziona la nostra memoria, per scoprire qualcosa di intimo e inconscio e che impatto ha su di noi.
Allora viene spontaneo chiedersi e chiedere all’artista, perché la memoria è un tema a lui così caro:

“Sto già lavorando a  un nuovo progetto su questo stesso argomento, ma per ora meglio non svelare di più. The sicilian family, forse era ancora il lascito psicologico di un inizio…
Le mie memorie sono immagini, io produco immagini anche quando si tratta di installazioni, di film o esperienze artistiche. Vedo il mondo interiore come una sorta di galleria fotografica, quindi indago la memoria come ricerca di immagini interiori, sfuggenti. E si incastra in maniera molto coerente con la mia produzione in cui si alterna spesso il polo della soggettività con quello dell’oggettività in una sorta di dialogo costante. Tutti i miei progetti hanno questa polarità, questa tensione, tra aspetto tecnologico e surrealtà”.

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